Alexis de Tocqueville Dario Antiseri, Cattolici a difesa del mercato, a cura di F. Felice, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 2005
«Tutti i socialisti, tutti, oso dire, attaccano in modo diretto o indiretto la proprietà [...]. Non pretendo di dire che tutti l’attacchino nella maniera franca e, permettetemi di dirlo, un po’ brutale, adottata da un nostro collega; ma dico che tutti, per vie più o meno traverse, se non la distruggono, la molestano, la limitano, e ne fanno una cosa diversa dalla proprietà individuale che conosciamo e che si conosce dall’inizio del mondo». «Ed è grazie ad essa [La Rivoluzione francese], signori, che non dobbiamo oggi temere le funeste conseguenze delle dottrine che i socialisti spandono nel paese, e perfino in quest’aula; è perché la Rivoluzione francese ha popolato questa Francia di dieci milioni di proprietari, che, senza pericolo, si possono lasciare le vostre dottrine prodursi a questa tribuna; esse indubbiamente possono portar desolazione nella società, ma, grazie alla Rivoluzione francese, non prevarranno contro di essa, e non la distruggeranno». Alexis de Tocqueville
1.1 Gli studi; il viaggio in Sicilia; l’amicizia con Beaumont Alexis-Charles-Henri-Maurice Clérel de Tocqueville nasce a Verneuil, vicino a Parigi, il 29 luglio del 1805. Suo padre è il conte Hervé e sua madre è Louise-Madaleine Le Peletier de Rosambo, nipote del celebre magistrato Malesherbes, il difensore di Luigi XVI davanti alla Convenzione. Il conte Hervé e sua moglie, nel dicembre 1793, poco dopo il loro matrimonio, sono tratti in arresto insieme all’intera famiglia Malesherbes. I Malesherbes vengono uccisi. Padre e madre di Alexis restano in prigione. Saranno liberati dal Termidoro. Alexis studia a Metz, dove suo padre – fedele servitore di Luigi XVIII e di Carlo X – era prefetto. Nel 1826 Alexis ottiene la “licenza” in giurisprudenza. È nello stesso anno che intraprende, con il fratello Eduard, un viaggio in Italia e in Sicilia. Le pagine di diario sul Viaggio in Sicilia che ci sono rimaste terminano con queste parole: «non domando a Dio che una grazia: che mi conceda di ritrovarmi un giorno a volere [...] una cosa per cui valga la pena cimentarsi». Nell’aprile del 1827 Tocqueville riceve la nomina a giudice uditore presso il tribunale di Versailles. Ed è qui che si lega di amicizia con Gustave-Auguste de Beaumont (1802-1865), suo collega al tribunale di Versailles. Insieme, i due amici studiano storia e frequentano le lezioni che Guizot tiene sulla storia della civiltà europea. 1.2 Una difficile scelta: il viaggio in America Nel 1829 Carlo X fa dimettere il ministero liberale Martignac per sostituirlo con il governo del principe di Polignac. Tocqueville prevede che il “potere popolare” si imporrà sul “potere reale”. Il 27 luglio del 1830 a Parigi scoppia la rivoluzione. Luigi Filippo di Orléans diventa il nuovo re dei francesi. Tocqueville, «dopo una lunga meditazione e senza entusiasmo, aderisce al nuovo regime, con la speranza di un rafforzamento in Francia della monarchia costituzionale contro l’assolutismo e la demagogia» (N. Matteucci). Sarà questa una scelta avversata da familiari e amici, i quali non comprendono la sua decisione. Tocqueville pensa di sbarazzarsi del disagio che gli procura la sua scelta progettando un viaggio in America. Alexis e il suo amico Beaumont chiedono al Ministro degli Interni di essere inviati a studiare l’organizzazione penitenziaria degli Stati Uniti. Il 2 aprile del 1831 i due amici si imbarcano a Le Havre; e arrivano a New York il 10 maggio. Hanno modo di visitare parecchi Stati dell’Unione; incontrano politici, intellettuali e uomini di affari. «Al di là del sistema penitenziario americano – sul quale pubblicheranno, nel 1833, lo studio Du système pénitentiaire aux Etats-Unis et de son application en France – è la società civile ad interessarli realmente. Tocqueville vede nel nuovo mondo la democrazia allo stato puro, o meglio un modo di regolare i rapporti interumani che affida ai costumi, al senso dell’interesse ben inteso, alle credenze religiose il compito di mantenere l’ordine politico e di assicurare ai cittadini quel quadro costituzionale al cui interno ciascuno possa costruire liberamente il proprio avvenire» (D. Cofrancesco). 1.3 La grande opera sulla Democrazia in America Il 19 gennaio del 1832 Tocqueville e Beaumont sono ricevuti dal presidente Andrew Jackson. E il 20 febbraio si imbarcano per il ritorno in Francia. Nel corso dell’estate del 1833, Tocqueville trascorse cinque settimane in Inghilterra, dove fa la conoscenza dell’economista William Nassau Senior. Decide di scrivere il libro sulla democrazia. E nel gennaio del 1835 esce il primo volume dell’opera De la Démocratie en Amérique. Torna di nuovo in Inghilterra, dove viene accolto con ogni onore e dove conosce, tra altri, J. S. Mill, G. Grote ed anche Camillo Benso di Cavour. Il 6 gennaio del 1838 Tocqueville entra nell’Académie des sciences morales et politiques. Nel 1839 viene eletto alla Camera dei deputati, per il collegio di Valognes. «Non fu mai parlamentare sicuro o brillante, capace di guidare l’assemblea: la sola idea di parlare alla tribuna suscitava in lui un sentimento di “orrore e terrore”. Tuttavia riuscì sempre a mantenere l’autonomia sua e del suo gruppo, nell’ambito dell’opposizione costituzionale, soprattutto dal Thiers, uomo che intimamente disprezzava» (N. Matteucci). In ogni caso, i suoi interventi in assemblea furono di una efficacia straordinaria. È qui sufficiente ricordare il discorso – riportato nella presente antologia – che egli tiene alla Camera dei deputati il 28 aprile del 1845 sulla libertà di religione, la quale «è tutta contenuta nella libertà di culto, nel diritto di pregare in comune». Nel marzo del 1840 esce la seconda parte della Démocratie en Amérique che termina con una riflessione su di un dilemma che non cessa di essere attuale: le democrazie cercheranno l’uguaglianza nella libertà o l’uguaglianza nella schiavitù? «Le nazioni del nostro tempo – scrive Tocqueville – non potrebbero far sì che nel loro seno le condizioni non siano eguali ma dipende da esse che l’eguaglianza le conduca alla servitù o alla libertà alla civiltà o alla barbarie, alla prosperità o alla miseria». Questo secondo volume della sua grande opera non ha il successo del primo volume. Ciò tuttavia, non gli impedisce, nel 1841, di diventare membro dell’Académie française. E, intanto, tre anni più tardi diventa azionista del Journal de Commerce. 1.4 Un teorico nella pratica politica Nel 1848, dopo la caduta di Luigi Filippo, Tocqueville viene eletto all’Assemblea costituente ed è tra i membri della Commissione per la stesura della nuova costituzione. Nel giugno, sempre del ’48, una nuova insurrezione operaia viene stroncata dal ministro della guerra L.-E. Cavagnac, il quale il 5 luglio viene nominato Presidente del Consiglio. Tocqueville appoggia, per timore dei disordini pubblici, l’azione repressiva del Cavagnac. E il 12 settembre pronuncia un Discorso sul diritto al lavoro – riportato pure nel presente libro –, uno splendido insieme di argomentazioni a difesa della proprietà privata quale fondamento delle libertà politiche; un discorso scritto nella persuasione che «la democrazia e il socialismo non sono solidali l’una con l’altro. Sono cose non solo differenti, ma contrarie [...]. La democrazia estende la sfera dell’indipendenza individuale, il socialismo la restringe. La democrazia dà ad ogni uomo tutto il valore possibile, il socialismo fa di ogni uomo un agente, uno strumento, una cifra». Il 10 dicembre – sempre del 1848 – hanno luogo le elezioni per il Presidente della Repubblica. Tocqueville è per Cavagnac, sennonché è Luigi Napoleone a stravincere. Dopo un breve soggiorno in Germania – siamo nel maggio del ’49 –, Tocqueville assume il ministero degli Affari esteri nel governo guidato da Odilon Barrot, e si fa apprezzare per la sua energia, chiarezza di idee e capacità di decisioni. Quando, alla fine dell’ottobre del ’49, Luigi Napoleone scioglie il governo Barrot, Tocqueville, benché pregato dallo stesso Luigi Napoleone, non accetta di far parte del nuovo governo. E con il colpo di Stato del 2 dicembre – allorché Luigi Napoleone scioglie l’Assemblea nazionale – Tocqueville viene arrestato insieme ad altri deputati. Resta in carcere una sola notte. Si ritira nel suo castello di Tocqueville e lavora ad un ambizioso progetto sulla rivoluzione, di cui il primo volume L’Ancien Régime et la Révolution appare nel giugno del 1856. La salute non lo assiste. Nel novembre del 1858 si porta a Cannes. Ed è qui che muore, circondato dai suoi cari. Negli ultimi giorni della sua vita Tocqueville volle che più volte gli venissero lette le parole iniziali del Vangelo di Giovanni: «In principio erat Verbum». 1.5 Un giudizio di Raymond Aron Un giudizio di Raymond Aron: «Tocqueville si contrappone ai sociologi considerati classici, Auguste Comte o Marx, perché rifiuta le vaste sintesi che mirano a prevedere la storia. Non ritiene che la storia passata sia stata dominata da leggi inesorabili e che gli eventi futuri siano predeterminati. Tocqueville, come Montesquieu, vuole rendere intelligibile la storia, non vuole sopprimerla. Ora, i sociologi del tipo di Comte e di Marx, in ultima analisi, sono sempre inclini ad annullare la storia, perché volerla conoscere prima che sia realizzata vuol dire sottrarle la sua dimensione propriamente umana, quella dell’azione e dell’imprevedibilità». E, per finire, G. Candeloro: l’opera del Tocqueville è «l’espressione classica del liberalismo francese dell’Ottocento». Bibliografia essenziale In italiano di A. de Tocqueville abbiamo: Scritti politici, 2 voll. a cura di N. Matteucci UTET, Torino 1968-1969. Il I volume contiene: Scritti giovanili; scritti e discorsi politici; i Ricordi; e L’antico regime e la rivoluzione; il II volume contiene: La democrazia in America. A questa edizione è premessa una ricca ed istruttiva Introduzione di N. Matteucci. Un’altra edizione de La democrazia in America a cura di G. Candeloro, è edita da Rizzoli, Milano 1972. Su Tocqueville si vedano: A. M. Battista Studi su Tocqueville, Centro Editoriale Toscano, Firenze 1989; N. Matteucci, Alexis de Tocqueville. Tre esercizi di lettura, Il Mulino Bologna 1990.
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