La difesa della libertà religiosa non si può fare importando il modello neutrale della Francia
Intervista a Luca Diotallevi
Luca Diotallevi, 50 anni, professore di sociologia all'università Roma Tre, è tra l'altro collaboratore della Cei e autore di molti saggi sul tema della secolarizzazione in Italia, tra cui un libro in uscita dal titolo Un'alternativa alla laicità.
La Ue vuol staccare i crocifissi dalle aule.
È un vero e proprio atto di imperialismo culturale.
Non un contributo alla separazione tra Stato e Chiesa?
Ma la difesa della libertà religiosa non può essere appaltata al concetto di laicità positiva francese, che va tanto di moda. La laïcité è un concetto gemello della forma di dominio, per esempio, della politica sull'economia, che soffoca quindi ogni espressione di tipo liberale. Quella francese non è una soluzione esportabile da noi.
Ma togliere il crocifisso dalle aule non è un gesto di rispetto verso chi non crede o crede in altro? Sembra così semplice da essere banale.
È sicuramente contraddittorio: il crocifisso non è una limitazione al pensiero di ognuno ma il fondamento stesso della libertà religiosa.
Pare questa la contraddizione...
Senza punti di riferimento non esiste un consorzio umano. La croce nelle aule delle scuole, in questo caso italiane, è una garanzia per i non credenti, che in questo modo hanno la consapevolezza che esiste un “dio buono”, quello della maggioranza dei credenti della stessa società, un dio che rispetta le coscienze altrui. L'assenza di questo simbolo può creare il rischio che venga rimpiazzato da simboli violenti.
Non si può ignorare che la storia del cristianesimo abbia molti momenti bui.
Certo, ma dal punto di vista delle istituzioni è il vero limite a ogni imperialismo religioso.
Risiamo allo scontro in Italia tra laici e cattolici, ogni occasione è buona.
Lo scontro è tra poliarchici, quelli che credono in una società aperta, come i cristiani, e i monarchici, i laicisti, che vogliono imporre una visione.
Anche nel mondo cattolico c'è chi pensa che si debba puntare alla fine a uno stato confessionale.
Ma quelli noi li condanniamo e per fortuna sono una esigua minoranza.
Il governo ha annunciato che farà ricorso.
È giusto, è in atto una battaglia sul futuro dell'Europa. La difesa della libertà religiosa è un dovere, chiunque la faccia, anche se non è un cattolico.
Luca Diotallevi, 50 anni, professore di sociologia all'università Roma Tre, è tra l'altro collaboratore della Cei e autore di molti saggi sul tema della secolarizzazione in Italia, tra cui un libro in uscita dal titolo Un'alternativa alla laicità.
La Ue vuol staccare i crocifissi dalle aule.
È un vero e proprio atto di imperialismo culturale.
Non un contributo alla separazione tra Stato e Chiesa?
Ma la difesa della libertà religiosa non può essere appaltata al concetto di laicità positiva francese, che va tanto di moda. La laïcité è un concetto gemello della forma di dominio, per esempio, della politica sull'economia, che soffoca quindi ogni espressione di tipo liberale. Quella francese non è una soluzione esportabile da noi.
Ma togliere il crocifisso dalle aule non è un gesto di rispetto verso chi non crede o crede in altro? Sembra così semplice da essere banale.
È sicuramente contraddittorio: il crocifisso non è una limitazione al pensiero di ognuno ma il fondamento stesso della libertà religiosa.
Pare questa la contraddizione...
Senza punti di riferimento non esiste un consorzio umano. La croce nelle aule delle scuole, in questo caso italiane, è una garanzia per i non credenti, che in questo modo hanno la consapevolezza che esiste un “dio buono”, quello della maggioranza dei credenti della stessa società, un dio che rispetta le coscienze altrui. L'assenza di questo simbolo può creare il rischio che venga rimpiazzato da simboli violenti.
Non si può ignorare che la storia del cristianesimo abbia molti momenti bui.
Certo, ma dal punto di vista delle istituzioni è il vero limite a ogni imperialismo religioso.
Risiamo allo scontro in Italia tra laici e cattolici, ogni occasione è buona.
Lo scontro è tra poliarchici, quelli che credono in una società aperta, come i cristiani, e i monarchici, i laicisti, che vogliono imporre una visione.
Anche nel mondo cattolico c'è chi pensa che si debba puntare alla fine a uno stato confessionale.
Ma quelli noi li condanniamo e per fortuna sono una esigua minoranza.
Il governo ha annunciato che farà ricorso.
È giusto, è in atto una battaglia sul futuro dell'Europa. La difesa della libertà religiosa è un dovere, chiunque la faccia, anche se non è un cattolico.