L'onda d'urto della Speranza cristiana

 di Flavio Felice

 

Sono tornato ieri sera da un lungo viaggio di studio in Per� e ho dedicato le primissime ore dell�interminabile viaggio alla lettura della nuova enciclica di Benedetto XVI Spe salvi. L�ho trovata oltremodo stimolante, scritta con il consueto stile lineare, una forma che le attribuisce il carattere di una lettura fortemente accattivante. Non avendo potuto svolgere un�analisi sistematica, la mia breve riflessione non ha la pretesa di rappresentare alcunch� se non la personalissima, immediata e spontanea reazione alle sollecitazioni dovute ad una semplice, ma interessata ed approfondita lettura.

L�enciclica andrebbe letta a partire da categorie rigorosamente teologiche, i riferimenti a Rothbard e a Nozick che alcuni amici in questi giorni hanno tentato di intrecciare con le argomentazioni dell�enciclica credo non possano che rivelarsi fuorvianti, in quanto nascondono le ragioni, la specificit� ed oltretutto non rilevano lo statuto epistemologico dell�enciclica. Solo a partire da considerazioni di ordine teologico e dal ripensamento dei suddetti elementi in chiave anche sociale (delle scienze sociali) possiamo tentare di cogliere il significato che le argomentazioni di Benedetto XVI avrebbero sulle realt� politiche ed economiche.

Inviterei il lettore a riflettere sulla critica all�individualismo, e si noti quanto essa sia distante dalla spesso incomprensibile analisi che celebri economisti cattolici e non del passato e del presente svolgono sul famigerato homo oeconomicus, raffigurazione di un archetipo antropologico che gi� autorevoli interpreti come Mises ed Hayek non esitarono a definire �fantoccio� o �fantasma. Dicevamo, dunque, rappresentazione pagliaccesca dell�individualismo metodologico confusa con il becero egoismo che nulla avrebbe a che fare con un rispettabilissimo e disputabilissimo metodo di analisi scientifica, come appunto l�individualismo metodologico. Anzi, sar� proprio Benedetto XVI a definire teologicamente che cosa i cattolici intendono per individualismo, liberandolo dalla secolare accusa proveniente da tutti coloro che hanno colpevolmente confuso (si tralasci pure il �dolo�) l�individualismo metodologico con l�egoismo, entrambi con il capitalismo ed il tutto con il liberalismo.

Tutto ci� � assente dall�esposizione classica ed estremamente formale dell�enciclica. Sia chiaro una volta per tutte, la teologia non si prefigge questo compito, ma le categorie teologiche adottate da Benedetto XVI ci autorizzano a continuare l�opera epistemologica iniziata da Giovanni Paolo II. Qualcuno forse ricorder� ancora il paragrafo 42 della Centesimus annus? In quel paragrafo Papa Wojtyla distingueva tra capitalismo e capitalismo, ebbene da quel punto non si torna indietro e Benedetto XVI ne � ben consapevole. Le condizioni (pilastri epistemologici) perch� si possa parlare un capitalismo rettamente inteso sono state elencate da Giovanni Paolo II e resteranno un pilastro per tutti i pontefici che lo seguiranno.

Benedetto XVI con questa enciclica ha semmai rafforzato quella posizione, individuando nel materialismo l�errore del marxismo: �L�uomo, infatti, non � solo il prodotto di condizioni economiche e non � possibile risanarlo solamente dall�esterno creando condizioni economiche favorevoli� (n. 21), nel giustificazionismo (conservatorismo metodologico) l�errore di ogni autoritarismo e totalitarismo: �L�incontro invece con Dio risveglia la mia coscienza, perch� essa non mi fornisce pi� un�autogiustificazione�� (n. 33) e nella cinica indifferenza la morte stessa dell�umanit�: �Il bisogno soltanto individuale di un appagamento che in questa vita ci � negato, � certamente un motivo importante per credere che l�uomo sia fatto per l�immortalit�; ma solo in collegamento con l�impossibilit� che l�ingiustizia della storia sia l�ultima parola, diviene pienamente convincente la necessit� del ritorno di Cristo e della nostra vita� (n. 43). ( A tal proposito consiglio di leggere l�emozionante prefazione del libro di D. Antiseri Credere, Armando Editore). Infine, Benedetto XVI individua un ulteriore elemento concettuale che egli analizza sotto il profilo squisitamente teologico e che solo teologicamente pu� essere compreso, sebbene, sempre sotto il profilo teologico, possa gettare luce sull�analisi sociale, si tratta dell�antiperfettismo, da non confondere �  per carit� � con il pessimismo sociale: �La libera adesione al bene non esiste mai semplicemente da s�. Se ci fossero strutture che fissassero in modo irrevocabile una determinata � buona condizione del mondo, e per questo motivo non sarebbero, in definitiva, per nulla strutture buone� (n. 24).

Mi sono permesso di indicare alcuni elementi teorici, la cui coerenza � rintracciabile all�interno di un percorso teologico che spesso viene trascurato dagli scienziati sociali vuoi per ragioni di opportuna coerenza epistemologica ovvero per opportunistica strumentalizzazione politica. Materialismo, giustificazionismo, indifferentismo cinico e perfettismo sociale sono i grandi mali che la teologia di Benedetto XVI individua come ostacoli alla virt� della Speranza, ostacoli che allontanano l�uomo da Dio. Teologicamente, il metodo � quello personalistico (un salto dimensionale rispetto all�individualismo e alll�olismo), Benedetto XVI non entra (Deo gratias!) nella secolare disputa sulle scuole politiche, poich� vuole comunicarci qualcosa che le scuole politiche non possono e non vogliono dirci: che il rapporto con Dio si stabilisce attraverso la comunione con Ges�. Da soli non saremmo in grado di incontrare l�amore di Dio. L�incontro con Ges� avviene l� dove l�asse orizzontale delle fatiche e delle gioie della vita quotidiana incontra l�asse verticale dell�anelito trascendente. Gli economisti parlerebbero di punto di equilibrio, i teologi di �caso serio�, il popolo di Dio da due mila anni parla di �Croce�. Scrive Benedetto: �L�essere in comunione con Ges� Cristo ci coinvolge nel suo essere �per tutti�, ne fa il nostro modo di essere. Egli ci impegna per gli altri, ma solo nella comunione con Lui diventa possibile esserci veramente per gli altri, per l�insieme� (n. 28).

Gi�, proprio la Croce � la situazione cos� umana che Dio ha scelto per assomigliarci e renderci simili a Lui. Non � la presunta grandezza della nostra ragione, n� la convinzione di essere in possesso di una conoscenza superiore, ma la capacit� di �offrire� i piccoli e i grandi dolori a colui che sulla Croce ha urlato, con dolore, �Dio mio Dio mio perch� mi hai abbandonato� e prima di spirare ha sussurrato con Carit�, la Speranza che dona la Fede: �Padre nelle tue mani affido il mio spirito�. La Speranza di cui parla la Chiesa cattolica attraverso la penna � la pastorale �  di Benedetto XVI e l�opera di missionari che vivono agli antipodi � la roccia della Fede impressa nella Croce, una Croce impregnata del sangue di Cristo, dei martiri e delle nostre quotidiane tribolazioni.

Sar� proprio l�ancoraggio della Speranza alla Fede, la quale marca la distanza dall�ottimismo, anche il pi� o meno tristemente utopistico, a distinguere la fisionomia della Speranza cristiana, esprimibile attraverso una funzione superadditiva, poich� la libert� dell�uomo � sempre nuova e deve sempre rinnovarsi in modo inedito, dalla speranza fondata sull�uomo, la quale contrariamente alla prima � una funzione meramente additiva; che abita il mondo materiale e confinabile nell�infinito desiderio di aggiungere appagamento ad appagamento, in una aritmetica sommatoria che non potr� mai aver fine. Non c�� nulla di male, � parte della nostra stessa natura, bench� redenta, ferita dal peccato: desiderare sempre di pi�. Tuttavia, non � la Speranza di cui ci parla il Vangelo (l�originalit� della Redenzione), essa non dipende da quanto possediamo, ma da come e per Chi decidiamo di spendere i nostri giorni, i nostri talenti e le nostre aspettative; in definitiva, dal loro quotidiano ancoraggio alla Fede impressa nella Croce.

La teologia, allora, incontra le scienze sociali non tanto nella disputa tra nobili scuole politologiche: chi � pi� liberale, libertario, anarchico, socialista, comunista, socialdemocratico, riformista o conservatore, e chi pi� ne ha pi� ne metta, ma sul terreno della prospettiva antropologica. Su questo punto, l�enciclica programmatica di Giovanni Paolo II, la Redemptor Hominis, tutto il magistero e la pastorale di Giovanni Paolo II, la Deus Caritas Est e l�attuale Spe salvi, nonch� l�infaticabile opera pastorale di Benedetto XVI, delineano la continuit� con il percorso conciliare nel quale viene espresso che Dio, manifestando se stesso in Ges�, manifesta non solo Dio all�uomo, ma anche l�uomo all�uomo. Si consideri come puro esempio la vicenda di San Massimiliano Kolbe e le ragioni teoriche, politiche ed economiche che fecero di un miniscolo gruppo di operai polacchi, in una anonima citt� sul Baltico il centro nevralgico di una nuova era, al centro della quale � forse per un breve periodo � si � pensato con originalit� e con senso cristiano alla �Speranza che salva�; come nel caso di Padre Massimilaiano Kolbe, anche per gli operai di Solidarnosch, neppure la pi� triviale e menzognera delle potenze pot� reggere l�onda d�urto della Speranza salvifica.

 

*il presente articolo � stato pubblicato anche su l'Occidentale


                                                              

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