Il Vagito della Speranza di Matteo Dellanoce
E’ una sindrome pericolosa quella che colpisce le pecore di Rebelais: la sindrome di Panurgo. Le pecore abbandonato il Pastore, o sum-ballon, seguendo ed emulando chi si ribella alla sua legge, o dia-ballon, cadono nel burrone. Il pastore si ritrova così solo, come prima della composizione del gregge. E le pecore? Morte. La persona umana dunque, novella pecora, abbandonando Dio, rischia di cadere vittima di se stessa e di perdere quel dono prezioso di cui è stata dotata: la libertà. Incapace di orientarsi l’uomo si rinchiude sempre di più in un solipsistico e mcluhanamente nervoso Io. All’interno di questo disordine stabilito ( Mounier), circondato dal suono e dalle luci delle shopping malls che attraversano le città sempre più simili ad un televisore, l’uomo privo della bussola perde l’orientamento. La video-incertezza sostituisce l’udito-certezze su cui erano sorte le città. La perdita della percezione dello spazio che si accompagna all’annullamento del tempo, l’assenza di comunione con la tradizione -vero strumento per decifrare l’oggi e protesizzarsi nel futuro- determinano un’ipertrofia del presente che trasforma l’esistenza in una continua festicciola da vivere nella cocktail society. Divertirsi da morire ( Postman) è oggi l’obbligo sociale. La nuova realtà tecnomediata abbraccia tutti gli aspetti della vita umana: dalla nascita all’educazione, dalla sessualità agli affetti fino alla morte. La speranza si fa apolide; quella stessa nata dalla Croce, che ha fondato questo mondo ormai apostata. Ma in questo frastuono, in questo continuo caos in cui anche il silenzio è colonizzato, in questo rantolo il vagito della speranza sorge di nuovo: il vagito del Logos. La salvezza dell’IO, dopo la morte di Dio, passa dal riappropriarsi della Verità, dalla testimonianza della Verità. Ciò non solo nell’ambito dei media, luogo del neocolonialismo secolare, fornitore di sensi, sensazioni e di emozioni ma non di Senso, Ragione ed Amore, ma anche nell’ambito della quotidianità. della relazione, dove l’Io ed il Tu diventano Uno mediato dall’Ulteriore. L’”umile servo” della Vigna, scacciata l’istruzione figlia dell’arida regola tecnico-giuridica, riabbraccia l’educazione figlia della natura creata, ricollocando al centro la Croce, simbolo della sofferenza madre della speranza. La testimonianza ovunque è il pro-getto. Il Pastore ha già dotato le sue pecore degli strumenti per salvarsi. Riscoprirli è l’urgenza per non diventare servi di quella “mano invisibile” posta alla sinistra della Croce.
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