Bisogno di etica di
Matteo Dellanoce Che cosa sto facendo?
Come lo sto facendo? Spinto da quale istanza? E per quale scopo? E poi
ancora: che cosa debbo fare? Perché lo faccio o lo debbo fare? Che senso ha
il mio agire? Sono queste le principali domande dell’etica. L’etica non può
quindi essere disgiunta dalla responsabilità che nella sua connotazione
morale prevede un altro con cui comunicare. Come ricorda il filosofo Levinas
la comunicazione mira alla verità la quale presuppone il dialogo. Comunicare
è quindi una comune-azione un et et plurale ed agonico alla ricerca di
un’oggettivazione del proprio agire, individuando quelle regole su cui si
fonda la giustizia sociale. Si crea così uno spazio comune condiviso che
prevede un mitsein, un essere con, che non può scindersi da una mitteilung,
cioè un’azione compartecipata. In altre parole non esiste una soggettività
senza un’oggettività. L’agire umano trova poi applicazione in diversi
contesti dando il la alle diverse etiche applicate, che trovano tuttavia
spunto nell’etica generale. Semplificando, per usare un’espressione di San
Tommaso, si legge l’universale nel particolare. L’agire diviene così o
comunicativo o strategico, ma mentre il primo “mira all’integrazione
sociale” il secondo “punta al potere ed al denaro” ( Habermans). Un’etica
condivisa, fondata sull’esperienza dell’Altro, fa si che la realtà sia
costruita dal basso dando vita ad una Comunità di comunità.
Il distacco dalla realtà,
con conseguente perdita dell’alterità, determinato dall’apparire sulla scena
comunicativa della tecnologia audiovisiva, genera un “nuovo mondo”. Un mondo
di informazioni illimitate, nel quale tutto è rappresentato in forma
indistinta. Una nuova natura viene creata, che genera “quell’immane dramma
che si scava tra l’essere e l’apparire dell’uomo, tra le ragioni imperative
della coscienza e gli atteggiamenti epidermici delle convenienze esteriori (
Miccoli). “ In altre parole la realtà con-fondendosi con l’artificiale,
genera una nuova condizione simile a quella della Creazione. Insieme alla
realizzazione del virtuale si virtualizza il reale. Il virtuale, diviene
così fornitore di esperienza, creatore di una nuova umanità. La dea
tecnologia sostituisce la dea ragione, plasmando l’uomo nuovo, diventando
fornitrice di senso e di orientamento. In quest’ottica strutturalistica ed
antimetafisica, il comportamento non è più orientato all’altro ma è compreso
e compresso nello specchio delle mode e dei bisogni indotti, degli interessi
attuali e degli ideali effimeri, trasformando la comunicazione in mero
collante estetico buono per ogni stagione ma privo di anima-azione etica. La
Parola umanamente significante, perché simbolica e metafisica, è sostituita
dal linguaggio scientifico, che essendo assiomatico rende funzionale il
comportamento dell’uomo ai diversi economicismi. Si passa allora ad una
realtà informativa e dogmatica in quanto scientifica. E’ quindi evidente
come ci sia bisogno di etica in questo nuovo mondo. E’ in questa apeliana
“comunità di comunicazioni illimitate” che è necessario rinvenire quei
principi etici che pretendono e devono avere una validità universale. Ad
un’etica della comunicazione, più deontologica, deve necessariamente
corrispondere un’etica “nella” comunicazione. Apel individua questi principi
nella giustizia, nella solidarietà, nella co-responsabilità. L’etica
generale deve mettersi in relazione comunicativa con l’etica “nella”
comunicazione per orientare le persone verso quei comportamenti che mettono
al centro l’altro, in particolare il più debole, l’indifeso, il bambino. E’
necessario che il Logos creatore ed ordinatore riprenda possesso
dell’ambiente. L’uomo è una kantiana colomba che per volare e librarsi in
volo necessità della resistenza dell’aria ed è proprio questa resistenza che
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