Una
politica coraggiosa per il Mezzogiorno: si parta dalla Calabria
di Angelo
Costa
Chi
vive nel Meridione d’Italia sa da sempre due cose: la prima è che la mafia è
un fenomeno con il quale ci si confronta quotidianamente e la seconda è che
la classe politica è, spesso e volentieri, collusa con la criminalità
organizzata. Col
passare del tempo poi si sono apprese altre cose: come ad esempio che la
Calabria era la regione prediletta da Romano Prodi, o almeno così disse in
campagna elettorale prima di essere eletto nelle scorse elezioni (forse era
meglio se nel suo cuore la regione avesse avuto l’ultimo posto, visti i
risultati di totale abbandono cui è stata relegata in questi anni che lo
hanno visto al governo), oppure che, sempre in Calabria, su cinquanta
consiglieri regionali, ben trentotto, stando alle ultime notizie, sono
inquisiti... ma da qui alla fine della legislatura potranno sempre
aumentare: al peggio, si sa, non c’è mai fine. Ogni tanto qualche
consigliere finisce anche in galera, ma dopo qualche giorno torna sui banchi
del consiglio regionale a riprendere il ‘lavoro’ da dove lo aveva lasciato.
E così si va avanti: intanto la legislatura è stata aperta anche
dall’uccisione del vice-presidente del consiglio regionale. Inizio peggiore
non poteva esserci! E,
giusto per parlare della Calabria, non è un problema che riguarda la destra
o la sinistra in particolare, ma riguarda l’intera classe dirigente, anche
se certamente quello che sta accadendo in questi ultimi anni di
amministrazione Loiero non è certo edificante. Sono talmente tanti i
problemi giudiziari di natura personale che ha ogni singolo consigliere, che
anche volendo, non ci sarebbe il tempo per dedicarsi all’amministrazione
della cosa pubblica: se trentotto consiglieri sono inquisiti, che serenità
avranno mai per portare avanti, dalla maggioranza o dall’opposizione,
un’azione amministrativa seria e incisiva? La
‘ndrangheta è oggi una grande holding economico-criminale, che mantiene come
un tratto costante il controllo maniacale, quasi ossessivo, del territorio e
delle strutture sociali ed economiche, secondo quanto si legge nella
relazione annuale della commissione Antimafia, firmata dal presidente
dell'organismo bicamerale Francesco Forgione.
Occorre, per la Calabria
e per il Mezzogiorno, una politica nuova che abbia il coraggio di scelte
nuove, una politica che nella quotidianità delle scelte prenda le distanze
dalla mafia e combatta al fianco dei cittadini onesti e sia rappresentanza
non di una sparuta minoranza, ma rappresentanza di tutti gli onesti
meridionali, che sono la maggioranza. Nella relazione dell’Antimafia si
legge, ad esempio, un dato che fa rabbrividire:
«Nell'ambito
del distretto di Catanzaro “è praticamente inesistente l'impresa resistente alla criminalità organizzata”. (Commissione
antimafia, audizione D.D.A. di Catanzaro)». Don
Luigi Ciotti tempo fa disse che:
«il
problema della legalità coinvolge tutti i cittadini. Sono convinto che i
giovani costituiscano un’enorme risorsa e che la stragrande maggioranza dei
ragazzi abbia una gran voglia sia di guardarsi dentro, sia di impegnarsi nel
sociale. Nonostante a volte manchino i riferimenti, gli stimoli e le
opportunità, penso che la tendenza sia essenzialmente positiva».
Ebbene, una politica coraggiosa deve ripartire dai giovani. Dalla parte sana
della società. La politica oggi ha l’obbligo del coraggio, l’obbligo
di cadere anche nell’impopolarità se necessario, ma se il bene è il futuro
di questa gente, di queste madri che vedono i figli partire perchè tutto è
nelle mani della criminalità e della politica deviata, di questi padri
onesti che lavorano una vita per poi vivere in ambienti degradati, allora ne
vale la pena. Che
qualcuno abbia il coraggio di dire che in Calabria e nel Mezzogiorno ci sono
anche loro, soprattutto loro: gli onesti. Che qualcuno abbia il coraggio di
dare voce agli onesti. Che
si favorisca una rivoluzione culturale: questo popolo la merita. Che si
anteponga al giudizio penale, cui spesso si delega lo sviluppo e la crescita
del Sud, un forte giudizio morale. Che la politica offra persone nuove,
coraggiose ed aiuti la crescita di questa gente.
Ormai non si può più aspettare: il Sud è la vera emergenza di questo Paese.
Che qualcuno faccia qualcosa.
«L'incidenza
della criminalità organizzata, già notevole di per sé, diviene devastante –
si legge nella relazione della Commissione Antimafia - in una regione
caratterizzata da un tessuto produttivo estremamente debole e da sempre
dipendente dalla politica degli incentivi statali e dalla gestione dei
flussi di finanziamento pubblico. Purtroppo, in questo contesto non si è mai
espressa una reale volontà delle imprese di affrancarsi dalla forza
pervasiva della mafia. Tanto è vero che, per quanto riguarda il pizzo
“pagano tutti, commercianti, artigiani e imprese”,(
ha affermato il Procuratore della Repubblica Boemi
nell'audizione a Reggio Calabria dinanzi alla Commissione Antimafia). Il
numero delle denunce è relativo, quasi inesistente l'associazionismo è
ancora debole; le associazioni antiracket sono, infatti, meno di dieci, a
differenza di quanto accade in altre regioni martoriate dalla presenza della
criminalità mafiosa». Il
Rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno presentato nel 2007, nella
parte che riguarda la Calabria, presenta il quadro di una regione con un pil
pro-capite di 13.762 euro, pari al 54,6% del pil pro-capite del Centro-Nord
Italia, un tasso di disoccupazione di circa il 13%, un'economia sommersa, in
crescita, pari al 27% e lavoratori irregolari, ancora in crescita, per oltre
176.000 unità.
Dallo stesso Rapporto risulta che le imprese che pagano il ''pizzo'' nella
regione sono 150.000, la metà del totale delle imprese esistenti nella
regione, con una punta del 70% a Reggio Calabria. Non solo. Il dato
dell'usura, secondo il Rapporto Svimez, fa segnare in Calabria la
percentuale pià alta di commercianti vittime del fenomeno in rapporto ai
soggetti attivi: il 30% con 10.500 commercianti coinvolti in regione. C’è
poi la sanità che, da quanto si legge nella relazione di Forgione, è il buco
nero della Calabria, è il segno più evidente del degrado, è la metafora
dello scambio politico-mafioso, del disprezzo assoluto delle persone e del
valore della vita. Che
qualcuno faccia qualcosa nei fatti: non basta, come fanno Minniti e Veltroni,
candidare De Sena sicuramente ottima persona e nemico acerrimo della mafia.
E’ certamente un segnale, ma non basta. Occorre che la politica tutta si
trovi sulla strada della legalità, poi le ipotesi di sviluppo potranno
essere tante e venire da culture politiche diverse, però bisogna partire
tutti dalla stessa base: la scelta della moralità, la scelta della legalità
è questo quanto si aspetta la gente del Sud. Che
queste elezioni non siano l’ennesima occasione persa!
«D’altra
parte – ebbe modo di dire Don Ciotti in un’intervista - se ci sentiamo
sconfitti o amareggiati da certe vicende e non facciamo nulla per
risollevarci, non compiremo alcun passo in avanti. Occorre impegnarsi per
"rianimare" la nostra società intrecciando relazioni e rapporti, nonché
dedicando agli altri delle minime attenzioni».
Che
la politica dedichi al Sud almeno delle minime attenzioni. vai indietro |