Una
proposta di libertà
di
Carlo Ludovico Cordasco
Negli ultimi anni, in particolar modo, assistiamo al
proliferare di studi volti alla definizione di metodi di misurazione ed alla
valutazione delle conseguenze economico-politiche della libertà.
La ricerca scientifica sul tema ha visto lo sviluppo di due
differenti filoni: il primo, essenzialmente teorico, volto a stabilire gli
assiomi per definire preferibile una determinata situazione rispetto ad
un’altra sotto il profilo della libertà che garantisce; il secondo, invece,
di natura empirica, volto alla determinazione di indici di libertà politici,
economici e civili.
L’approccio più noto appartenente al primo filone di
ricerca è stato sviluppato da Pattanaik e Xu nel 1990 prendendo il nome di
SCO (Simple Cardinality Ordering). La proposta di Pattanaik e Xu si fonda
sostanzialmente sull’option counting: considerando come “date” le
opportunità di scelta dell’individuo, definiremo preferibile, in termini di
libertà, una situazione rispetto ad un’altra in funzione del numero di
opzioni di scelta che l’individuo ha a disposizione.
Sfortunatamente, la proposta di Pattanaik e Xu,
intervenendo a livello a-deliberativo trascura del tutto le preferenze
individuali del decision-maker nell’atto di selezione delle opzioni, e
nonostante le modifiche apportate da Sen (Preferente ordering) ne tengano
conto, viene comunque trascurato l’aspetto procedurale di formazione delle
preferenze.
Le difficoltà incontrate nell’elaborazione di una metrica
della libertà costruita solo sul concetto di libertà di scelta o sulle
limitazioni ad essa imposte (Fraser Institute, Heritage Foundation, ecc.)
hanno condotto allo sviluppo di un terzo filone di ricerca elaborato dal
Prof. Pietro Navarra, ordinario di Economia Pubblica presso l’Università di
Messina, in collaborazione con studiosi delle Università di Palermo, della
Temple University negli Stati Uniti, dell’Università di Stoccolma in Svezia
e della London School of Economics in Inghilterra.
La proposta che viene avanzata in questo terzo filone di
ricerca prende spunto dal saggio “On liberty” di John Stuart Mill del 1859.
L’idea Milliana di libertà come autonomia pone l’accento sull’importanza
dell’atto deliberativo, identificato come strumentale allo sviluppo della
personalità individuale. Il merito del framework teorico, che prende il nome
di “Autonomy Freedom”, elaborato da Navarra e colleghi, è quello di avere
creato un sistema di misurazione di libertà soggettiva prendendo in
considerazione sia l’option counting, sia le preferenze individuali
in fase pre-deliberativa, sia l’aspetto procedurale della formazione della
scelta.
L’assiomatizzazione del concetto di libertà come autonomia
ha inoltre aperto la strada alla sua traduzione in misura empirica,
attraverso l’utilizzo di microdati forniti dal World Value Survey.
Utilizzando i dati derivanti dal seguente quesito – “Alcune
persone ritengono di avere completa libera scelta e controllo della propria
vita, mentre altre ritengono che i propri sforzi non abbiano nessun reale
effetto su ciò che gli accade, individua in una scala da uno a dieci il tuo
livello di libertà di scelta ed il controllo che ritieni di avere sulla tua
vita” – è stato possibile tradurre in misura empirica la struttura teorica
dell’Autonomy Freedom.
Un’alta percezione di libertà come autonomia, inducendo
maggiore fiducia nell’individuo, influenza anche le sue preferenze in
termini di politiche redistributive. Sempre utilizzando i dati forniti dal
World Value Survey, Navarra è in grado di dimostrare che maggiore è il
livello di percezione autonomia, più diffusa è l’opinione che le proprie
condizioni economiche dipendano più dall’impegno piuttosto che dalla fortuna
o dal privilegio, minore sarà l’attitudine o la preferenza verso politiche
redistributive.
E’ difficile sovrastimare l’importanza della relazione, pur
intuitiva, fornita da Navarra poiché induce ad abbandonare l’idea che la
formazione delle preferenze nei confronti di politiche redistributive sia
strettamente correlata al livello di disuguaglianza, focalizzando invece
l’attenzione sui meccanismi che hanno generato tali disparità.
Possiamo considerare come particolarmente significativo, in
tal senso, il caso italiano: secondo i dati forniti dal World Value Survey
le regioni del Nord-Est e del Nord-Ovest appaiono essere caratterizzate da
un alto livello di autonomia correlato ad una scarsa preferenza per
politiche di natura redistributiva; contrariamente il Sud e le isole sono
caratterizzate dal più basso grado di autonomia correlato ad una maggiore
propensione a politiche redistributive. Il dato che emerge rivela come
politiche assistenziali volte a garantire benessere abbiano generato al Sud
scarsa percezione di autonomia, conseguente sfiducia nel merito impedendo di
fatto la crescita del Mezzogiorno.
Ma l’importanza dell’Autonomy Freedom emerge in particolar
modo alla luce di una situazione di cui è bene prendere coscienza, ovvero
l’insostenibilità dei sistemi di welfare europei.
L’importanza di una riforma radicale dello stato sociale
impone una riflessione attenta circa il metodo di transizione. Giacchè è
impensabile una riforma dei sistemi di welfare contro le preferenze
degli elettori, l’autonomy freedom offre una possibile risposta ovvero: solo
creando le condizioni necessarie allo sviluppo di un’alta percezione di
autonomia è possibile realizzare le riforme tanto attese.
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