Una
(auspicata e sincronizzata) corsa verso la crescita
di
Antonio Campati
Anche
quest’anno, nelle Considerazioni finali tenute al termine dell’Assemblea
Ordinaria dei Partecipanti della Banca d’Italia, il Governatore Mario
Draghi ha posto l’accento sulle prospettive future di coloro che
dovrebbero (giustamente) essere i «protagonisti della ripresa» del nostro
Paese: i giovani. Esattamente un anno fa, nello stesso consesso, lo stesso
Mario Draghi evidenziò con estrema lucidità le difficoltà che la scuola
italiana doveva (e deve) affrontare tanto da collocare l’istruzione “al
primo posto fra i campi dove un cambiamento forte è necessario”,
constatando che “pesa il ritardo nello sviluppo di un efficace sistema di
valutazione delle scuole” e suggerendo, infine, che “per cambiare la
scuola italiana si deve muovere dalla constatazione dei circoli viziosi
che la penalizzano, disincentivano gli insegnanti, tradiscono le
responsabilità della scuola pubblica”. Altrettanto condivisibili erano le
parole riservate allo sviluppo dell’Università: “gli atenei dovrebbero
potersi fare concorrenza, nell’attrarre studenti e fondi pubblici, con la
qualità dei loro docenti e ricercatori, selezionati in base alla
reputazione e remunerati di conseguenza”. Ebbene, perché andare a
spolverare delle considerazioni dello scorso anno? Per non costruire
solamente un castello di elogi (come si fece appunto anche lo scorso
anno), ma cercare di verificare quale seguito – e proprio nella fase di
attuazione la politica ha un ruolo determinante – hanno avuto le
giustissime riflessioni di Mario Draghi. Purtroppo è fin troppo semplice
constatare che sia per un “cambio di governo” (e di maggioranza
parlamentare) intervenuto, sia per quella pratica, tanto deprecata, ma
allo stesso tempo tanto difficile da sradicare, che ci induce a rinviare e
a non decidere, sia nel campo della scuola sia in quello dell’Università,
i passi in avanti non sono stati notevoli. Ma questa non è la sede più
adatta per una disamina sulle cose fatte e da fare in campo educativo
(seppur l’ “emergenza” rimane intatta), sicuramente però è la sede per
evidenziare come le considerazioni riprese dalla relazione dello scorso
anno, si legano idealmente attraverso un filo rosso a quelle fatte nella
medesima occasione quest’anno, dove c’è ancora un richiamo alla
“istruzione inadeguata” che assieme ad un mercato del lavoro che favorisce
i più anziani e ad un’organizzazione produttiva che troppo spesso non
premia il merito e non valorizza le capacità, mortifica i giovani. Si può,
credo a buon titolo, notare come lo scorso anno ci si è soffermati sulla
formazione, quest’anno si è posta la meta e il premio da conquistare: “la
ripresa duratura della crescita” attraverso “coloro che hanno in mano il
futuro”, i giovani appunto. Ma, se nella programmazione e negli stimoli,
la chiarezza è indiscutibile, nella realizzazione le certezze svaniscono.
Se la visione prospettica del Governatore ha avuto uno scatto in avanti,
la politica nel suo complesso, principale destinataria delle
preoccupazioni di Mario Draghi, è rimasta ferma proprio a causa di quegli
“interessi costituiti che negli ultimi anni hanno scritto il nostro
impoverimento”. È abbastanza evidente che negli ultimi anni, nei contesti
più differenti, si ripongono le sorti del nostro Paese nella capacità
creativa delle nuove generazioni, evidenziando allo stesso tempo i limiti
che queste inevitabilmente incontrano nella realizzazione dei sacrosanti
desideri. È un ammonimento essenziale quello di Draghi, ma la classe
politica in particolare non deve iniziare ad “abituarsi” alla necessità di
un maggiore coinvolgimento dei giovani nella progettazione della vita
futura del Paese, senza però far conseguire genuini interventi a favore di
questi. Paradossalmente, anche in questo caso, si è avuto uno scatto in
avanti perché si è finalmente riconosciuta l’importanza del “mondo
giovanile”, ma si stenta, adesso, a trovare una coerente formula che ne
possa garantire una presenza non solamente simbolica. Restando così le
cose, ci troveremo anche il prossimo anno ad elogiare i buoni auspici, ma
rendendoci conto ancora una volta che le (buone) idee hanno addirittura
doppiato le azioni concrete nella corsa verso “una ripresa duratura della
crescita”. vai indietro |