FORUM

Coordinatore: Daria Gotti Tedeschi

 

Presentazione

Nel dibattito pubblico, sempre più spesso, si parla di biopolitica.

Il termine "biopolitica" risale all’elaborazione di Michel Foucault: «termine con il quale intendevo fare riferimento al modo con cui si è cercato, dal XVIII secolo, di razionalizzare i problemi posti alla pratica governamentale dai fenomeni specifici di un insieme di esseri viventi costituiti in popolazione: salute, igiene, natalità, longevità, razze…» (Foucault M., Nascita della biopolitica, Feltrinelli, Milano 2005, p. 261). Per essere più precisi, la biopolitica è parte del biopotere che, legato a doppio filo al capitalismo e al suo pensiero, si articola appunto in bio-politica e anatomo-politica. Nel primo caso, si presenta come dispiegamento di pratiche governamentali, di controlli regolatori sulla popolazione, sul corpo-specie: lo Stato di “polizia”, nell’accezione che ne diede Johann H.G. von Justi, si occupa della nascita e della morte, del sesso, della salute e della malattia, dell’alimentazione e delle condizioni igieniche della “popolazione” – problema economico e politico, questo, apparso nel XVIII secolo, e non prima. Nel secondo caso, si disciplinano i corpi-macchina dei singoli, le loro attitudini, le loro forze, producendo effetti individualizzati attraverso istituzioni quali le prigioni, le scuole, i collegi, le caserme.

Foucault esprimeva la novità storica del concetto con il celebre passo: «Per millenni, l’uomo è rimasto quel che era in Aristotele: un animale vivente ed inoltre capace di un’esistenza politica; l’uomo moderno è un animale nella cui politica è in questione la sua vita di essere vivente» (Foucault M., La volontà di sapere, Feltrinelli, Milano 2005, p. 127). Veniva così rimessa in gioco, come elemento necessario alla coniazione del concetto, la distinzione greca tra zoé e bíos. Il rapporto tra vita, storia e politica è pensato da Foucault nella spaziatura dispiegata da questa distinzione. Foucault rivendicava la storicità della nozione di vita: essa è «un indicatore epistemologico» caratterizzante l’epoca moderna nella quale solo la vita della specie umana ha fatto il suo ingresso nella storia, del sapere e del potere; occorre risituare quelle che sono considerate le regolarità che definiscono la natura umana, «all’interno delle altre pratiche umane, economiche, tecniche, politiche, sociologiche che servono loro da condizione di formazione, comparsa e da modello» (Chomsky N., Foucault M., Della natura umana, DeriveApprodi, Roma 2005, p. 37).

Non bisogna dimenticare che il concetto di biopolitica trova la sua origine e il suo significato nella bioetica; essa non è una nuova "tendenza" della politica contemporanea; non è una moda, il cui "costume" va indossato per dimostrare di essere al passo con i tempi. Al contrario, è una prospettiva pratica di "fare politica" sulle questioni della vita umana che mira a coinvolgere tutti.

Per questo motivo è quanto mai necessario, oggi, avviare una riflessione seria e approfondita volta a definire la biopolitica e a individuane gli aspetti più importanti per la sua piena comprensione quali, in particolare, la crisi etica della politica e le interconnessioni tra globalizzazione, poteri, democrazia e diritti umani. Il Forum Biopolitica costituito dal Centro Studi Tocqueville-Acton persegue questo obiettivo nella convinzione che solo attraverso questa strada sarà possibile avere una visione più vasta e attualizzata della politica, così da far emergere come la politica stessa riguarda ogni persona umana: sia nel suo senso generale, sia in quello particolare della biopolitica.

 

Documentazione

Le prospettive della biopolitica di Francesco D'Agostino

Dalla bioetica al biodiritto (e alla biopolitica) di Francesco D'Agostino

 

Contributi e Riflessioni

La libertà di Eluana di Daria Gotti Tedeschi

Quei giudici non si sono accorti che hanno tolto dignità alla professione medica di Francesco D'Agostino